L’Anima non è nutrita da ciò che è prevedibile, ordinato e composto; quelle sono categorie che ci donano l’illusione di aver trovato il senso della nostra esistenza in una vita dove tutto è sicuro, dentro a schemi ben definiti e nella quale siamo in grado di controllare ogni cosa, poiché ciò che è, è uguale a ciò che è stato, e ciò che sarà, è uguale a ciò che è.
Ma, per l’appunto, è un’illusione.
Dolce per alcuni, tossica per altri.
I primi sentono l’esigenza di inquadrare dentro linee ben definite ogni aspetto della propria realtà, si sentono al sicuro quando ogni accadimento è dimostrabile, tangibile e facilmente etichettabile; si accaniscono contro ciò che esce dagli schemi, terrorizzati dalla possibilità di mettersi in discussione e dall’essere costretti ad ammettere (perché accade qualcosa a ricordarglielo) che forse ricevere dalla maestra un “Bravissima!” sul quaderno per aver colorato dentro alle righe non è il modo per sentirsi realizzati – e vivi.
I secondi si sentono costretti in un’esistenza che non li appassiona pienamente, ma nessuno ha mai detto loro che è possibile vivere diversamente; poiché non conoscono una realtà differente, si ritrovano a credere che non ci sia alternativa e che siano costretti a una vita nella quale non trovano significato e continuano a chiedersi quale senso abbia un’esistenza grigia, quando loro hanno sempre sognato i colori – fino a che, adulti, è stato comunicato loro che quando si cresce bisogna lasciar perdere quelle sciocche fantasie colorate ed accettare le rassicuranti sfumature di grigio, come fanno tutti.
Se i primi si accontentano (pur convinti che sia una loro scelta) di una vita tranquilla e sicura, dove tutto è prevedibilmente domato e al proprio posto, se si illudono efficacemente che quella sia un’esistenza piena e felice (e, in quelle rare occasioni in cui un accadimento giunge a sussurrare loro all’orecchio che c’è di più e che vale la pena correre dei rischi e anche sbagliare, trovano il modo di distrarsi e mettono a tacere quella voce), i secondi rischiano di deperire per tutto quel grigiore di vivere; così indottrinati a credere che ci sia solo un modo possibile (gli indottrinatori lo chiamano “il modo giusto”) di condurre la propria esistenza adulta, tendono a chiudersi sempre più, fino al punto in cui, se anche passasse loro davanti la prova delle alternative possibilità, non la vedrebbero affatto – ormai il loro sguardo è rivolto a terra.
Per i primi la speranza che si risveglino è poca, fanno di tutto per tenersi aggrappati a quella modalità di esistenza così rassicurante. Poco importa per loro che dentro, da qualche parte in profondità, vengano lanciati segnali di insoddisfazione; a forza di ignorarli, finiscono per non fare più così male.
Ma per i secondi è importante che qualcuno li prenda per le spalle e li scuota fino a quando la luce dell’eccitazione non si riaccende nei loro occhi; è importante che si incontrino e si scontrino con le cose che fanno cantare la loro Anima. Anche quando sembra che non ci sia più speranza, continua ad esistere da qualche parte dentro di loro una scintilla della fiamma che un tempo bruciava luminosamente; e, se nemmeno la scintilla c’è più, certamente restano le braci. Non serve altro che trovare gli strumenti giusti per soffiarci sopra e riportare il fuoco alla sua forza originaria.
Tali strumenti potrebbero non essere gli stessi per due persone diverse, ma hanno certamente dei tratti in comune; perché, sempre, ciò che nutre l’Anima è imprevedibile e non ordinario, spesso in disordine e inappropriato (per la società degli indottrinatori). Per trovare ciò che risponde alle caratteristiche necessarie per comunicare con un’Anima ricoperta di strati di grigio, non c’è bisogno di andare lontano; è sufficiente offrire una nuova prospettiva, un nuovo punto di vista, un altro modo di guardare alle cose del mondo. Talvolta può bastare l’emozione suscitata da una farfalla che prende il volo se era tanto tempo che non ne vedevamo una; a volte serve la spinta a mettere le mani e i piedi nel fango e ritrovare lo spirito del gioco che conoscevamo così bene quando eravamo bambini; altre capita per caso quando, svoltata una curva, ci troviamo di fronte lo spettacolo della luce del sole che al tramonto colora di calda magia estiva tutto ciò che tocca.
Quali che siano gli strumenti, diventa fondamentale scoprire quali sono quelli che nutrono la nostra Anima per poi non lasciarli andare più; basta un attimo di distrazione perché ci abituiamo nuovamente al grigiore.
Serve allora che il nutrire la Vita dell’Anima diventi la nostra pratica principale, quella alla quale non possiamo rinunciare a nessuna condizione: occorre rimanere svegli, con le orecchie dritte e i sensi accesi, affinché nessuno ci distragga dal nutrimento, affinché non smettiamo mai di cantare la nostra canzone, affinché non dimentichiamo più lo spirito selvatico e l’importanza dei colori.
“Se qualche volta vi hanno dato dell’insolente, dell’incorreggibile, della sfrontata, della furba, della ribelle, della rivoluzionaria, dell’indisciplinata, siete sulla via giusta. La Donna Selvaggia è vicina.
Se non vi hanno mai chiamato così, avete ancora tempo perché ciò accada. Esercitate la vostra Donna Selvaggia”, Clarissa Pinkola Estés.

P.S.: nutrire la Vita dell’Anima è la mia pratica quotidiana, e posso accompagnarti nella ricerca del tuo nutrimento – scopri i prossimi eventi qui: fai un bel respiro e… corri il rischio di ravvivare il tuo fuoco!