Qualche giorno fa ho partecipato a un funerale.
Generalmente li evito, perché, da brava empatica, percepisco fisicamente il dolore e le emozioni di chi mi circonda; in occasione dei funerali, in un piccolo spazio c’è un’elevata concentrazione di emozioni difficili da gestire, una situazione nella quale cerco di non mettermi.
Generalmente li evito anche perché, almeno da queste parti, la quasi totalità dei funerali viene ancora svolta con rito religioso, anche per coloro che non hanno mai messo piede in una chiesa – forse, giunto alla fine, il defunto o i suoi cari, nonostante quanto accaduto in vita e nonostante non siano proprio convinti della presenza di “qualcosa di più”, cercano di raccomandarsi a una qualche forza superiore, perché non si sa mai…
Beh, il rito cattolico del funerale è spesso una tiritera ripetuta senza sentimento da prete e astanti, ricca di imposizioni e parole dette senza che siano nemmeno comprese – per questo cerco di evitarli.
Tuttavia non ho voluto evitare questo funerale per questioni affettive, e ho ricevuto intuizioni e ne ho tratto insegnamenti.
Ho cercato di ascoltare le parole senza attaccamento e senza i pregiudizi che mi porto dietro da anni di esperienza cattolica seguiti da un totale distaccamento.
Sarà che non avevo mai assistito a un funerale celebrato da quel sacerdote, sarà che la mia attitudine è stata di maggiore apertura, presenza e connessione, ho ascoltato oltre la forma e ho compreso oltre la sovrastruttura – è rimasta la sensazione che molte cose fossero recitare senza sentire, solo perché è quello che la liturgia prevede, è rimasta anche la mia non condivisione di buona parte delle credenze; ma alcune parole e alcuni gesti mi hanno profondamente colpita.
Ho ri-trovato insegnamenti antichi, di quelli che sono antecedenti alla Chiesa-istituzione, in certi momenti mi è sembrato di essere lì, insieme a Gesù e ai discepoli, ad ascoltare parole che raccontano l’Amore, le realtà e dimensioni altre, e i riti di passaggio, ho sentito che stavamo accompagnando quell’anima verso il ciclo successivo.
E ho capito.
Abbiamo perso i rituali.
Abbiamo perso i riti di passaggio.
E quelli che sono rimasti hanno perso ogni briciolo di sacralità.
Tutto questo ha reso la vita individuale e collettiva più spoglia, ci ha allontante da noi stesse, gli uni dagli altri, dalla Natura, dall’Invisibile.
In questa società occidentale, molte persone si professano religiose senza vera consapevolezza, molte altre non credono a niente che non sia provato con il metodo scientifico (calderone di fatti, fenomeni e realtà che non rimane uguale a se stesso nel tempo, poiché è frutto di ricerca e di messa in discussione anche di realtà che sembrano accertate – mi ricordo bene con quale sguardo di disapprovazione venivo guardata 15 anni fa quando parlavo di secondo cervello nella pancia, cosa di cui alcune culture parlano da millenni e che oggi è scientificamente provata).
Entrambe le categorie spesso dimenticano i ritmi naturali e i cicli vitali – che sono tuttavia scientificamente provati e che sono stati alla base della vita e delle abitudini umane per lunghissimo tempo.
Entrambe le categorie dimenticano (o screditano fino alla derisione) l’importanza degli atti rituali e della celebrazione individuale e comunitaria dei riti di passaggio.
Così facendo si perdono elementi fondamentali per il benessere e lo sviluppo dell’individuo e della collettività, esasperando l’individualismo e barricandoci dietro a convinzioni e pregiudizi di ogni sorta, si smette di comprendere l’importanza dell’unione nella comunità e si contribuisce a una sempre maggiore frammentazione, si dimentica che non siamo mai sole anche se spesso ci sentiamo tali perché non abbiamo più momenti di aggregazione e di vicendevole supporto a rimembrarci di ciò che conta, di ciò che è Vero oltre le sovrastrutture che ci siamo costruite.
Sento l’urgenza condivisa di tornare a scoprire, esperire e vivere i Ritmi Naturali, i Cicli Vitali e le Transizioni, celebrandoli, ritualizzandoli, ri-conoscendoli.
Sento la chiamata ad accompagnare, a prendere per mano e a rendere più accettati, benvoluti e felici i momenti di passaggio.
Pensa alla tua prima mestruazione, ricorda com’è stata e cos’è successo intorno a te.
Pensa ora invece a come sarebbe stata se fosse stata celebrata, se dossi stata circondata e amata dalla tua famiglia e dalle donne della comunità in quel momento in cui sei diventata biologicamente donna anche tu, se fosse stata una festa e un’occasione di profonda gioia e sacralità.
Non credi che il tuo rapporto con te stessa e la vita sarebbe diverso ora?
Lo stesso vale per la nascita, la morte e ogni Transizione che viviamo lungo il corso della vita.
Co-creare una vita che sia connessa alla Vita: questo è il sogno.
Lo realizziamo insieme?
Con Amore e nell’Amore,
Eleonora