Sull’interconnessione tra la salute della Terra e la salute degli esseri umani

 

Leggo il titolo di un giornale su una civetta, fuori dall’edicola: “Cinghiali in città, pronto il piano di contenimento”.

E mi ritrovo a pensare alla modalità di pensiero/azione tipica occidentale che guarda al sintomo e prova a risolverlo, a farlo sparire – perché l’importante è che non si veda e non si senta – senza cercare, nella maggior parte dei casi, l’origine, la causa di quel sintomo.

Perché, se ci sono cinghiali in città, è più facile contenerli, abbatterli, che capire perché si sono avvicinati così tanto alla città e agli esseri umani, giusto?
Ma se l’hanno fatto un motivo ci sarà, e allora varrebbe la pena indagare, capire e poi agire alla radice (sì, vengono in cerca di cibo, ma perché sono costretti a cercarlo in città?) – ma questo, quasi sicuramente, ci costringerebbe a metterci in discussione, a mettere in discussione i nostri modi di agire e, di conseguenza, i nostri modi di pensare e relazionarci a questo mondo che non è solo nostro, questo mondo che condivisiamo con tanti esseri viventi che hanno il nostro stesso diritto all’esistenza… ma ce ne siamo dimenticati, di proposito, perché è più facile soddisfare i bisogni imposti dal consumismo capitalista, dall’idea della crescita illimitata come sintomo di benessere, se ci convinciamo che siamo padroni del mondo.

 

eresia

 

Allo stesso modo concepiamo la malattia.
A volte, se c’è un sintomo, l’importante è che scompaia, e allora ci imbottiamo di pasticche che non fanno altro che darci l’illusione di stare bene – mentre il corpo ci stava lanciando un messaggio, ma è più semplice e meno spaventoso (e poi chi ce l’ha il tempo?!) non ascoltarlo e continuare con la vita di sempre, no? Una vita che spesso è stressante, troppo veloce, magari anche triste, ma almeno è familiare.

Altre volte, se c’è un sintomo, si va alla ricerca della sua causa, ma quella ricerca è sempre parziale.
Un esempio banale e assurdo (forse): se mi fa male il mignolo della mano destra, vado dallo specialista dei mignoli delle mani e lui mi guarda quel mignolo, cerca di capire se a provocare il dolore è la parte ossea, quella muscolare, quella nervosa, o una combinazione delle tre; talvolta, si arrischia a guardare la mano intera, ma niente di più.

Salvo eccezioni illuminate e sempre ben accolte, mai viene guardato il corpo interno in quanto organismo che funziona nella sua interezza e non a compartimenti stagni, mai viene considerato il fatto che, se il famoso mignolo dell’esempio non funziona come dovrebbe, potrebbe esserci un problema in una parte molto lontana dell’organismo, problema che, per qualche motivo, il corpo ci fa notare attraverso quel mignolo.
Figuriamoci poi l’eresia di prendere in considerazione il coinvolgimento nella malattia/salute della psiche, del corpo emotivo e, udite udite!, del corpo energetico. (Anche solo a provare ad accennare a una possibilità simile, ti prendono per pazza! Proprio come succedeva dieci anni fa, quando parlavamo di secondo cervello nella pancia; poi però la scienza l’ha confermato e allora la pazzia è scomparsa, così, da un giorno all’altro)

 

Se nella medicina ci si guarda bene dal cercare la radice non materiale di un sintomo (e a volte anche quella materiale), i motivi sono principalmente due:

  • ammettere la possibilità che psiche-emozioni-energia rivestano un ruolo nella salute umana implica un enorme cambiamento di sistema, un terremoto dello status quo, che comporterebbe una riduzione della spesa pubblica per la salute ( = una riduzione degli introiti per le case farmaceutiche);
  • ammettere una tale possibilità implica il prendersi la responsabilità della propria salute invece di delegare sempre e comunque (se avessi sempre delegato, oggi non sarei qui a raccontare, né sarei libera di vivere senza farmaci), implica l’essere attori del processo di guarigione e non semplici pazienti, implica scendere in profondità dentro di sé per poter “sciogliere i nodi” invece di far illusoriamente passare tutto con una pasticca in pochi momenti.

 

Ma vuoi mettere la fatica, la scomodità, i demoni, la paura?
Vuoi mettere il non poter addossare la colpa a qualcuno, a qualcosa, al Fato per un mancato processo di guarigione?
Vuoi mettere quanto è più facile lasciare tutto così com’è e lamentarsene?

 

Con tutto questo non voglio dire che la medicina occidentale sia sempre da rifiutare, a volte serve, ma…

Vi auguro di essere eretici perché eresia dal greco significa scelta. Eretico è la persona che sceglie. L’eretico è colui che più della verità ama la ricerca della verità. L’eresia dei fatti prima di quella delle parole. L’eresia che sta nell’etica prima che nei discorsi. L’eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità, dell’impegno. Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri, chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è. Eretico è colui che non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia chi approfondisce chi si mette in gioco in quello che fa chi crede che solo nel “noi” l’”io” possa trovare una realizzazione. Chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie, chi non pensa che la povertà sia una fatalità. Chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza che sono le malattie spirituali della nostra epoca. (Don Luigi Ciotti)

 

 

Eretica sempre,

Eleonora

 


Hai mai riflettuto su questa questione? Che idea te ne sei fatta? Ne hai avuto esperienza pratica nella tua vita?

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