Parliamo di scelte alimentari, in questo scritto forse un po’ provocatorio,
ma soprattutto fatto di curiosità e della volontà di riflettere insieme su temi importanti.

Chi sceglie di non mangiare animali (e magari nemmeno derivati animali) e lo fa per una questione etica spesso parla della propria volontà di non mettere fine alla vita di un essere senziente.


Io, però, chiedo: sulla base di cosa qualcuna/o stabilisce che gli animali siano esseri senzienti e i vegetali no?

Ci sono sempre maggiori studi che attestano l’intelligenza e la sensibilità delle piante. Stefano Mancuso e Alessandra Viola in “Verde Brillante” ci dicono che le piante “sono estremamente più sensibili [di noi] e, oltre ai nostri cinque sensi, ne possiedono almeno un’altra quindicina”; “in base ai propri sensi le piante si orientano nel mondo, interagendo con altri organismi vegetale, con insetti e animali, comunicando tra loro grazie a molecole chimiche e scambiandosi informazioni. Le piante si parlano, riconoscono i parenti e dimostrano di avere diversi caratteri”. Inoltre “non possiedono un cervello come il nostro, eppure nonostante questo sono in grado di rispondere in maniera adeguata alle sollecitazioni esterne e di essere (…) ‘consapevoli’ di quello che sono e di ciò che le circonda”.

Chi ha, come me, un forte legame e una profonda connessione con le piante, forse saprà per esperienza diretta che i vegetali sentono e comunicano anche con noi esseri umani – ce ne accorgiamo quando ci fermiamo ad ascoltare, con cura e attenzione.

Allora perché dovrebbe essere più etico mangiare una pianta rispetto a un animale?

Certo, di qualcosa dobbiamo pur vivere, ma sulla base di cosa stabiliamo comunemente che mangiare verdura sia più etico del mangiare animali e derivati?

Se prendessimo in considerazione le modalità di allevamento/coltivazione, entrerebbero nell’equazione ‘etica’ altri fattori da valutare: gli allevamenti estensivi sono migliori di quelli intensivi sotto molti aspetti; ma lo stesso vale per le coltivazioni agricole.
Se prendessimo in considerazione la località e la stagionalità dei prodotti, dovremmo ragionare di altri fattori ancora: i prodotti locali e di stagione sono più ecologici, meno impattanti, più ciclici, più naturali di quelli che arrivano da lontano e che non rispondono alla stagionalità del territorio nel quale si vive – ma questo vale sia per i vegetali che per gli animali.

Escludendo gli altri fattori per non allontanarci dal focus di questo scritto, e concentrandoci quindi sull’etica in senso stretto e in modo oggettivo e non sentimentale, perché mangiare un broccolo (coltivato e tagliato alla base per essere consumato) dovrebbe essere più etico rispetto al mangiare un formaggio o un pollo? Solo perché il broccolo non urla? Solo perché è così diverso da noi che non ci accorgiamo della sua sensibilità (e quindi della sua sofferenza)?

È una domanda, questa, che mi sto ponendo da molto tempo.

Sono stata vegetariana per anni (il veganismo il mio corpo non lo hai mai saputo gestire, pur con tutto lo studio, le ricerche e gli accorgimenti necessari). Avevo scelto di non mangiare animali prevalentemente per l’impatto che il consumo di carne e pesce ha sull’ambiente. Poi, per motivi di salute, ho dovuto escludere dalla mia alimentazione tutta una serie di cibi e dopo un po’ il mio corpo ha preteso che introducessi di nuovo prodotti animali nella dieta.
Gradualmente ho spostato il focus dal “no carne” a tutti i costi al “poca carne + molti prodotti vegetali locali e di stagione”, che risponde di più alle mie esigenze di salute e di amore per la Terra.

In parte questo cambiamento è dipeso dai bisogni del corpo, in parte da una riflessione: se (quando) potrò autoprodurre gran parte del cibo che mangio, sarò costretta ad affidarmi a prodotti locali e di stagione, perché sono effettivamente gli unici disponibili se non ci rivolgiamo ai supermercati e alla grande distribuzione.
Quindi perché non iniziare da subito a modificare le mie scelte alimentari?


Con questo non voglio dire che la mia scelta sia più giusta di altre, né intendo dire che non si possa mangiare locale e di stagione con una dieta vegana (anche se nei mesi freddi potrebbe essere dura – le popolazioni europee sono sopravvissute a molti inverni nei secoli passati mangiando latte e carne, perché nel periodo freddo la Terra non è generosa come nelle stagioni più calde).
Qui non cerco nemmeno di dare risposte assolute, né tantomeno di portare verità universali.
Offro soltanto il mio contributo alla discussione.


Tu cosa ne pensi? Hai mai riflettuto su questi temi in questi termini?

Quali scelte hai compiuto?

Mi piacerebbe leggere i tuoi pensieri ↓ per poterne riflettere insieme.

Ti abbraccio,