Nei tempi di vita frenetici è forte per me la tentazione di trascurarmi, di allontanarmi da tutto ciò che mi fa bene, dalle pratiche di cura di me, dai rituali quotidiani. A volte cado in quella tentazione, altre no.
Nelle occasioni in cui cado in tentazione, provo ricorrentemente a tornare a me e alle mie pratiche – ma non sempre i tentativi vanno a buon fine, o non sempre i risultati sono duraturi.

Così mi ritrovo a riflettere su quanto le circostanze possano avere influenza su di me (su di noi) al punto da interferire anche con la ritualità consolidata.

Sono una persona poco costante, difficilmente riesco a praticare quotidianamente la stessa disciplina/tecnica/pratica. Ma c’è una pratica (quella di consapevolezza del Ciclo Mestruale) che, da quando quasi cinque anni fa è entrata nella mia vita, è rimasta con me, un appuntamento serale fisso che mi ha dato serenità e sicurezza, che mi ha arricchita e nutrita, che mi ha permesso di conoscermi un po’ di più, sempre di più. Nessun’altra pratica, mai, né prima né dopo, mi aveva permesso di esercitare la costanza in maniera così profonda.

Eppure anche lei è stata altalenante in certi periodi della mia vita (per esempio, durante l’Estate passata).
Nel tempo mi sono chiesta perché questo accada, a volte mi sono rimproverata e mi sono imposta disciplina per tornare da lei (spesso con scarsi risultati), altre volte ho lasciato che le cose fossero come erano, riaccompagnandomi con gentilezza alla pratica.

Il percorso di ritorno alla pratica costante di consapevolezza del Ciclo Mestruale è un po’ come il processo della meditazione.
Quando siamo agli inizi della pratica meditativa (e a volte non soltanto) e ci concentriamo sul respiro, l’attenzione è costantemente distratta da pensieri, sensazioni e suoni. A volte nemmeno ce ne accorgiamo e arriviamo alla fine della pratica senza aver mai osservato il respiro; altre ce ne rendiamo conto ma lo sforzo per tornare al respiro è enorme.
Poco importa se coscientemente siamo consapevoli dei benefici della pratica, poco importa se quei benefici li abbiamo già sperimentati su di noi: la mente cerca di allontanarci dal nuovo e da ciò che potrebbe essere scomodo, difficile, doloroso.

Più pratichiamo, però, più facile diventa tornare al respiro, minori diventano le distrazioni che la mente mette in campo, più forte diventa il muscolo della concentrazione e della presenza – e così ci ritroviamo a passare dallo stato di dharana (concentrazione) a quello di dhyana (contemplazione) e a entrare in uno stato di calma e pace.

Qualcosa di simile accade per qualunque novità nella nostra vita e ogni volta che ci riavviciniamo a ciò da cui, per un motivo o per un altro, ci eravamo allontanate.

Lo stesso è accaduto per me, alla fine dell’Estate, con la pratica di consapevolezza del Ciclo Mestruale.
Negli anni, ho conosciuto il suo immenso potere di trasformazione, ho osservato come ha migliorato la mia vita e, nonostante questo, è bastata una rottura della mia “normalità” perché la mente trovasse sufficiente spazio per distrarmi – in modi che, sebbene a volte offrano reale protezione da reali pericoli, altre volte limitano soltanto le possibilità di fioritura.

Visto che, di fatto, la costanza non esiste, ma è solo una forte motivazione intrinseca risvegliata con frequenza e regolarità, è bastato (benché non sia stato immediato) riconnettermi con il mio “perché”, con la mia motivazione profonda, per accogliere nuovamente la consapevolezza del Ciclo Mestruale come il rituale quotidiano che per me è diventato e come la speciale pratica spirituale che è.

Parafrasando quanto dicono Alexandra Elizabeth Pope e Sjanie Hugo Wurlitzer nel loro libro “Wild Power”, il Ciclo Mestruale è una pratica spirituale, anzi è la prima pratica spirituale della Donna; ed è una pratica che non scegliamo di fare (come lo yoga, la meditazione o qualunque altra pratica), accade e ci modifica che lo vogliamo oppure no. Allora viverlo con consapevolezza può davvero trasformarlo in un superpotere.

Vi abbraccio,